EACH DOG FEELS LIKE AT HIS HOME


April 2021

....E POI ARRIVARONO I CANI

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Riprendo il titolo di questo racconto da subito: … e poi arrivarono i cani, passando per scoiattoli, lucertole, gatti, pesci rossi, tartarughe, canarini, conigli e lepri.

Oggi vi racconto come sono arrivata ai cani.
Come avrete già capito l’obiettivo è stato sudato, ed è stato accompagnato da una serie di diversi animali, che tutt’oggi ringrazio aver fatto parte della mia vita e per avermi fatto conoscere almeno in piccola parte le loro specie di appartenenza.

Partiamo dal principio: io ero una di quelle bambine che quando vedevano animali ci si buttava a capofitto, avevo una sorta di calamita per tutto quello che aveva piume, peli, quattro zampe, ali, etc.. ovviamente quando si è piccoli non si ha la gestione della casa e si deve convivere con le regole della famiglia e dei genitori.

Desideravo tantissimo un cane fin dall’infanzia, ma le domande erano sempre le stesse:

Chi gli dà la pappa?
Lo porti a passeggio tu?
Lo sai che ha un costo, li hai i soldini per mantenerlo?
E la cacca chi la raccoglie?

Insomma le solite frasi che si dicono ai bambini quando cerchi di fargli cambiare idea, perché tu genitore non vuoi saperne di prendere un cane e di prendere un impegno.

Essendo una bambina molto molto testarda ho optato per le letterine di Babbo Natale , magari lui poteva soddisfare la mia richiesta… io non chiedevo fratellini, io chiedevo un cane!!!!

Ebbene non so se tutti gli anni Babbo Natale non capisse la mia scrittura o se era d’accordo con mamma e papà, sta di fatto che iniziarono ad arrivare animali che non erano cani.

Parliamo dei “canarini”, belli, colorati, ma avevano un problema erano in gabbia, urlavano, e anche se gli avevo dato un nome non aveva importanza, loro non rispondevano.
Insomma grazie per avermi fatto passare molte ore a pulire le gabbiette e a sentirli cantare dentro, ma non facevano per me.

Passato il periodo canarini, arrivarono gli scoiattoli.
Non ho un gran ricordo o meglio c’era la gabbia anche li, ce li portò una signora, sembravano proprio Cip e Ciop, ma erano molto molto stressati, ricordo che quando li osservavo erano sclerati ,si azzuffavano e si strappavano i peli, erano molto belli, ma non potevo toccarli ne prelevarli dalla gabbietta.
Ahimè finirono entrambi morti non so bene di cosa, ma mi ricordo ancora che erano stecchiti quella mattina che mi accorsi.

Nel frattempo crescevo anch’io e pure la mia voglia di un cane.
In parte era soddisfatta dal cane di mio nonno che si prestava a giocare con me quando le domeniche andavamo a pranzo, ma il famoso Black restava pur sempre il pastore tedesco di nonno, non mio.

Tra scoiattoli e canarini, mi dilettavo con le lucertole che catturavo a scuola o a casa quando si intrufolavano in lavanderia o in garage e mamma mi chiamava in soccorso. ero diventata così brava che gli facevo il collare e il guinzaglio anche a loro. Se ci penso ora, mi strozzerei per non aver rispettato abbastanza quelle creature, ma i miei intenti erano ovviamente dei migliori.

La situazione “animali in casa” stava precipitando con l’arrivo dei classici pesci rossi vinti alla sagra paesana.
Poveretti quante volte li ho visti maldestramente finire giù per il tubo di scarico del lavandino finché mamma puliva la loro palla di vetro.


Rapita dalle tartarughe d’acqua di una mia compagna di classe, arrivò una tartaruga di terra in casa.
Mi ero appassionata avevo il terrario e mi divertivo a vederla mangiare la lattuga, ma anche lei non era molto collaborativa nei miei giochi o nelle dimostrazioni d’affetto.
Gli volevo bene perché era docile e calma (ovviamente era una tartaruga!), ma forse per me era troppo calma.
Io volevo un cane!!!

Crescevo e pure la mia testardaggine, così in pieno sviluppo ormonale (parliamo di scuole medie) approfittai della cotta che aveva per me un mio compagno di classe che viveva in una fattoria.
Adoravo quella fattoria, lo andavo a trovare spesso perché aveva tantissimi animali. Aveva i cavalli che ammiravo, ogni volta che stavamo insieme mi portava a fare i giri con il suo cavallo.
Ora, io ho perso di vista questo mio ex compagno delle scuole medie, ma se nel tempo ha conquistato così le ragazze beh deve aver fatto strada, insomma un uomo che ti porta a cavallo in mezzo alla natura ha sempre il suo fascino secondo me, ma non divaghiamo.
Comunque il cavallo non potevo portarlo a casa, fisicamente non sapevo proprio dove avrei potuto metterlo, così consapevole pensai che potevo portarmi a casa un coniglio.

Voi penserete un coniglietto nano!
No vi sbagliate, un coniglio da fattoria…quelli che poi finiscono in tavola. Mossa ancor di più da essere una paladina della giustizia vegana, chiesi al mio compagno di classe se mi regalava un coniglio assicurandomi ,ingenuamente, che non diventasse gigantesco.
Una volta stipulato il “patto di compravendita”con uno scambio equo coniglio- compiti di arte per il mese successivo, caricai il mio coniglio ancora piccino dentro ad una scatola di scarpe con della paglia nel cestino e tornai a casa in bicicletta felicissima.

La faccia di mamma non era proprio felicissima come la mia, ma almeno si preoccupò di far avere un giusto spazio al coniglio arruolando mio nonno che arrivò in giardino con il materiale giusto per costruire un ampio recinto.

Dopo qualche giorno il mio coniglietto era a mio avviso troppo solo, così tornai alla carica dal mio compagno di classe per portare a casa un altro coniglietto, ripetei l’iter e tornai a casa con….una lepre!!!
Già, non era un coniglio, ma una lepre, a 12 anni non conosci bene la differenza.
Il problema è che ci accorgemmo subito a casa, perché la lepre nel recinto non ci stava e saltava scavava e scappava. Il giorno dopo l’arrivo, vidi mio papà, mio nonno e mio zio che cercavano la lepre che era scappata per tutto il paese.
Ovviamente mamma mi fece riportare la lepre in fattoria due giorni dopo.

Diventai grande e il mio cane non arrivava… ma era arrivato un gatto!
Iniziavo le scuole superiori e avrei potuto secondo i miei genitori prendermi cura di un gatto ,perché era meno impegnativo del cane a loro avviso.

La chiamai Penelope. Ero molto contenta questa volta avevo un animale che potevo coccolare, potevo giocarci e potevo creare più o meno un legame.
Ma un giorno tutto questo fini… Penelope non rientrò più in casa.
Abbastanza disperata, mamma recuperò con un’altra gattina che chiamai Agata.
Era una gattina molto selvatica, graffiava tutti, e di notte se ti alzavi per andare in bagno faceva gli agguati e ti saltava addosso indemoniata. Non era di certo la gattina che volevo, ma accettavo il suo carattere ribelle.
Poi arrivò “dal cielo” Christie una gattina che ho letteralmente adorato, una trovatella che con una zampetta rotta decise di venire a casa nostra. La curammo e le volemmo molto bene, era fantastica, dolcissima, mite e bella un incrocio con un gatto di razza dal pelo lungo, i suoi occhi verdi parlavano.
Agata restava sempre il demonio di casa, ma giocavano insieme.
Ebbero entrambe una vita dignitosa e da gatte felici.

Passarono gli anni e io diventai ancora più grande, ci trasferimmo e finii le scuole superiori…
Vi chiedete quando arrivò il cane?
Beh arrivò Peggy in un periodo molto triste, e mamma capì che forse l’unico vero amico che avrebbe potuto aiutarmi sarebbe stato un cane. Babbo Natale non aveva funzionato, ma avevano funzionato l’affetto dei miei genitori e la mia testardaggine.

Oggi resto quella bambina che adora gli animali di tutte le specie, che ogni giorno dice a suo marito: potremo salvare questo cane, oppure mi prendi un cavallo, oppure che ne dici di un Alpaca? Magari un Cacatua.

Nel tempo ho imparato ad amare gli animali rispettandoli e ringraziandoli ogni giorno per tutto quello che sanno offrire senza chiedere nulla in cambio.