EACH DOG FEELS LIKE AT HIS HOME


ABANO TERME- AMSTERDAM ANDATA E RITORNO

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Marzo 2023
Ore 7.00 in partenza per Amsterdam, 1400 km ci attendono in compagnia dei nostri smilzi Zelda e
Hilton, l’altra metà della squadra per motivi legati alla non più giovane età e al fatto che in Olanda
non sono ammessi più di 2 pets per locazione turistica ( comprese piazzole di campeggi) restano in
ottime mani con i loro confort di casa, quando si sceglie per una vacanza, dobbiamo sempre
pensare a cosa è meglio per i nostri amici a quattro zampe, e non sempre corrisponde a quello che
vorremo, portarli spesso con noi per lunghi viaggi, in alcuni casi è molto più stressante, che
lasciarli in buone mani con qualcuno che se ne occupi con amore, passione e professionalità.
Abbiamo fatto sosta in Germania sia all’andata che al ritorno, proprio per alleggerire il viaggio a
noi umani e ai nostri nasoni, qualche sosta lungo la strada e una bella dormita con mamma e papà
umani nel lettone dell’hotel, se deve essere vacanza lo deve essere per tutti!
Che dire… in hotel i nostri Hilton e Zelda sono stati super silenziosi e super viziati… la moquette in
camera, che noi odiamo, loro la apprezzano particolarmente!!!
Arrivati il giorno dopo ad Amsterdam, appena consegnata la nostra casetta all’interno di un
residence, si son sentiti subito a casa loro, noi che avevamo pensato di prendere uno spazio che
avesse una camera in più, loro che deliberatamente avevano deciso da subito che la camera di
mamma e papà era perfetta, se ci si faceva stretti e un po' acciambellati, si poteva dormire tutti
insieme.
Il soggiorno aveva un magnifico divano che subito diventò di Zelda… lei, come tutti i galghi ha un
amore appassionato per cuscini e divani ovunque si trovino, che siano ristoranti, case di altri o
casa propria.
La settimana fu intensa tra grandi parchi curatissimi con tulipani in fiore e gite in treno.
Hilton e Zelda si sono adattati subito ai mezzi, a volte capitava fossero particolarmente pieni di
persone e i nostri ragazzi pelosi coglievano l’occasione per scambiare qualche sguardo e perché no
qualche carezza umana, in fin dei conti a loro non serve poter parlare l’olandese, l’inglese o
qualsiasi altra lingua, la loro resta sempre quella comprensibile al cuore di tutti.
Parecchie persone ci fermavano per la strada per ammirarli, d'altronde è abbastanza difficile
vedere levrieri da quelle parti, in questo periodo date le temperature ancora molto rigide
probabilmente i levrieri residenti in Olanda erano al calduccio o forse gli olandesi prediligono altri
tipi di razze canine un po' più pelose, non saprei, resta il fatto che non passavano inosservati.
Venivano ammirati per il loro look, con quel freddo abbiamo sfoderato diversi cappotti imbottiti.
Una signora americana un giorno ci fermò e ci chiese se Hilton era un piccolo levriero italiano
Jumbo… ovviamente di frasi strane sui levrieri ne sentiamo molte, ma questa davvero ci
mancava!!! Cercammo di spiegare alla signora in inglese che se si chiama “Piccolo levriero italiano”
è perché le dimensioni sono di un “piccolo cane”, ma Hilton in tutto ciò non è sembrato per nulla
offeso anzi continuò a farsi accarezzare dalla signora. In fin dei conti se ci levano qualche kg di
troppo a noi umani fa sempre piacere!!!
Tra un tram, un treno, una passeggiata e molta pioggia, i nostri nasoni son sempre stati al nostro
fianco vivendo con noi questa avventura con la loro elegante e un po' scomposta presenza.
Il passato di Zelda rimane nelle sue cicatrici, ma quella valigia vuota di esperienze che si portava
con sè, da quando è arrivata nella nostra famiglia ha iniziato a riempirsi e a ricordarle quanto la
vita possa essere molto più bella.
Alessia e Michele
Hilton e Zelda

DALLA STRADA ALLA SCUOLA



Zelda

Storia di uno scarto, oggi “dog therapist”

Vagavi per le strade dell’Andalusia, o forse eri rinchiusa in qualche puzzolente baracca della campagna in mezzo a terra rosso sangue, probabilmente eri un numero, anzi sicuramente eri un numero come i tuoi fratelli marchiati con il ferro caldo sulla sottile pelle. Eri mamma, eri atleta, eri cacciatrice… poi eri niente. Di punto in bianco abbandonata, ferita, umiliata, stanca e triste. Ti hanno salvata e curata anime gentili e oggi la tua vita è cambiata. Si perché chi lo avrebbe mai detto, che da schiava di uomini brutali, oggi saresti stata un esempio, un’insegnante, una piccola stella in fondo ad un tunnel per uomini, donne e bambini che ti incontrano nei loro percorsi di vita travagliati. Il tuo carattere soave, sereno, docile ed equilibrato è saltato agli occhi da subito. Tra di noi è scattata quella magia che dal primo sguardo ci ha stregate. Al tuo arrivo ti sei letteralmente abbandonata tra le mie braccia e con i tuoi occhi mi dissi teneramente che saremo state due complici, due amiche, due cuori che si sarebbero legati per sempre, che avremo condiviso ogni istante. Ho sempre creduto che gli animali avessero e abbiano un potere enorme, che è quello di arrivare agli uomini senza giudicare, senza parlare inutilmente, hanno la capacità di entrare nel cuore e nella mente semplicemente con uno sguardo. Possono far vibrare corde che neppure lontanamente le parole arrivano a toccare. Volevo da tempo intraprendere questo percorso, ma forse mancavi tu… e da quando sei arrivata Zelda è come se il destino mi avesse detto: “Vai! E’il momento giusto per compiere questa meravigliosa avventura!”. Decisi di iniziare il percorso di studi per diventare coadiutrice del cane negli Interventi Assistiti con gli animali, secondo le linee guida ministeriali. Iniziai e mi resi conto che avevo e ho tuttora la miglior compagna di banco che io abbia mai avuto in tutti i miei studi. Sei quel motore che ogni giorno mi spinge a voler apprendere sempre di più, a voler fare sempre più esperienze, a guardare con occhi diversi, ma specialmente sei incredibile, perché riesci sempre a lasciarmi a bocca aperta. Più ti guardo quando sei attiva in un intervento e più mi rendo conto che noi uomini dovremo fare sempre un passo indietro di fronte agli animali, dovremo solo osservare, imparare e diventarne semplicemente compagni, il resto ce lo dicono e lo fanno loro. Una delle mie insegnanti mi disse ad una lezione che tutto parte da un punto che poi si trasforma e si evolve, ma inizialmente è un semplice puntino nero su un foglio di carta bianca, si può vedere solo quello o si può vedere un mondo dipende da che tipo di occhi vogliamo indossare. Forse saremo solo un piccolo punto Io e te Zelda ma da quel punto stiamo disegnando delle corde che stanno facendo vibrare gli animi delle persone che incontriamo. Ad ogni persona che conosciamo, mi piace pensare che cade un pò della nostra polvere magica. Questo meraviglioso percorso appena iniziato ci sta unendo sempre di più, fortificando, ma specialmente ci sta insegnando ad accogliere ciò che nella vita può spaventare. La tua è stata una rinascita, oggi tu ed io possiamo portare leggerezza, apertura, nuovi stimoli, esperienze e molto altro a persone che la vita le ha segnate, a disabili, a bambini, a ragazzi ad anziani soli,… Come riconosciuto dal Ministero della Salute, gli Interventi Assistiti con gli Animali creano benefici a livello neuro-psicologico e relazionale. Ognuno di noi è un colore di un arcobaleno con mille sfumature, ogni colore è importante, ogni colore ha il suo compito, il suo ruolo, possiamo insegnare ma possiamo anche apprendere e dobbiamo apprendere anche da chi la società ha etichettato come uno scarto. NON ESISTONO SCARTI, MA OGNI ESSERE VIVENTE SULLA TERRA E’ UN DONO PREZIOSO.

I MIEI FANTASTIKANI

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Ovunque tu vada con quattro cani in passeggiata devi abituarti all’idea di sentirti un pò osservato, diciamo che erroneamente pensi di essere tu stesso sotto osservazione in realtà sono le tue meravigliose sedici zampe a seguito che attirano l’attenzione dei passanti.

Detto ciò ti abitui anche al fatto che la gente sa contare alle tue spalle perché senti spesso a bassa voce: “Quattro caniiiii!!!!!” detto con aria sbalordita. Ok ragazzi è un pò come chiedere ad una persona che si è appena tagliata in modo drastico la chioma di capelli: “Ti sei tagliato i capelli?” “No, mi sono cresciute le orecchie!”

Finché si tratta di Peggy e Spritz, i due barboni nani diciamocela tutta, di solito sentiamo apprezzamenti sul fatto che siano “carini e morbidosi”, ma la parte più fantasmagorica sono i commenti per Hilton e Zelda, i due levrieri.

Vorrei condividere con voi le frasi e appellativi più originali e divertenti attribuiti ai miei due nasoni fino ad oggi, iniziamo con la prima:

“I cani senza orecchie”.

Ora tecnicamente le orecchie ci sono e come, solo che i levrieri tendono a portarle molto indietro facendole aderire completamente alle volte al cranio, Hilton molto spesso le porta a freccia quasi si toccano alle estremità, questo li rende ancora più aerodinamici.

Ma le orecchie ci sono anzi se vivi con un levriero scoprirai quante buffe espressioni riescono ad avere posizionando le loro orecchie.

“Guarda un cammello”

Allora parliamoci chiaro, il levriero è un cane primitivo e con una corporatura decisamente diversa dagli altri cani, ma non è un camelide, insomma che la Zelda quando ha l’andatura svogliata sembri un At At di Guerre stellari quello si, ma non ha la gobba!!!

“Il cane tigre”

Chi ha la mia età o su per giù ricorderà uno dei primi manga giapponesi sbarcati in italia, l’uomo tigre (Tiger man), un super eroe con il corpo di uomo e la testa di tigre. Non vi nego che quando hanno indicato Hilton alle mie spalle e hanno detto la frase mi sono sentita un pò Wonder woman ad andare in giro con un cane cosi nominato.

“ I cani colorati”

Premetto che Hilton è un whippet principalmente bianco con delle macchie striate marrone beige, mentre Zelda è una galga spagnola principalmente scura con una sorta di tigratura sul marrone.

Detto ciò tolto il bianco, il nero e il marrone, mi chiedevo ma dove sono gli altri colori?
Però ho immaginato per un attimo i miei pelosi dei colori dell’arcobaleno un mix tra un unicorno tanto di moda e la bandiera del Gay pride, insomma che figata, sarebbero stati perfetti per qualche copertina di un nuovo disco musicale.

Ovviamente nei vari commenti, senti anche frasi che ricordano come questi cani siano speso maltrattati e molte persone dopo il commento si fermano per chiedere di raccontare la storia di Zelda, oppure chi è un conoscitore molte volte li definisce come “le Ferrari dei cani” per sottolineare le loro incredibili capacità nella corsa.

Insomma i miei fantasticani hanno origini dai cammelli, si vestono da uomo tigre colorato e sono senza orecchie, ci vorrebbe il tocco di un abile illustratore per scoprire quanto sarebbero originali Hilton e Zelda in questa versione.

NONNO TI PRESENTO ZELDA

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Entro dalla porta d’ingresso e vedo te che te ne stai seduto sulla tua sedia in cucina mentre guardi “Beautiful”, si perché tu sei uno di quelli che non si è perso neppure una puntata dall’87 e tu i figli dei Forrester li conosci tutti per nome.
Mi accogli sempre con il tuo sguardo un pò burbero, un pò pieno di affetto e mi saluti con il tuo spiccato accento veneto : Ciao picoea! Ovvero “Ciao piccola!”.

Si perché io sono la tua prima nipote, per cui resterò sempre la tua “Piccola!”

Dopo le consuete domande nel sapere come sto e offrirmi qualcosa da mangiare, perché si sa da buoni italiani vecchio stile, non esiste che un nipote, un ospite o un semplice conoscente non sia accolto con una tazza di caffè con due biscotti o un po’ di pane e marmellata e una limonata, volgi il tuo sguardo verso il basso e ti accorgi di lei, silenziosa, garbata e leggera, Zelda.

Esclami: “E questo è un altro cane?” “Picoea, ma quanti cani hai?”
Io: “Nonno, lei è Zelda ed è l’ultima arrivata in casa”

La guarda attentamente e come per Hilton, il whippet, ne resta abbagliato, ne ammira la sua eleganza, il suo fascino, la sua magrezza. Lo colpisce il manto tigrato, definendolo come dipinto su tela, la accarezza e lei si appoggia dolcemente sulle sue gambe.
Nonno ha già i suoi anni e il respiro affannato è sostenuto dall’ossigeno artificiale, ma Zelda è così delicata, che quasi sembra posarsi consapevole che quel’omone grande e grosso è fatto di cristallo.

Si lascia accarezzare e nonno si lascia cullare dalle spinte delicate del muso di Zelda che lo invita a non fermarsi, si guardano e sembra che nel silenzio si raccontino le loro storie: lei con i suoi occhi rinati e lui con gli occhi di chi ne ha viste molte.

Io: “Nonno che dici ti piace Zelda?”
e nonno risponde: “Ze na beleza!” (tradotto: è bellissima!)

Io:”Sai nonno lei è stata salvata da maltrattamenti, la sua è una storia triste che oggi ha cambiato volto”
Nonno: “ Ma come si fa a far del male a queste povere bestiole?”

La accarezza ancora, la guarda e io resto rapita da questo istante, che in un attimo si nebulizza della mia mente e nel mio cuore.

Nonno è cosi che mi immagino il tuo incontro con Zelda, non hai potuto conoscerla perché è arrivata dopo che te ne sei andato, ma avrei tanto voluto che ti innamorassi di lei come lo sono io.
Sono sicura che avresti apprezzato vederla e accarezzarla, così come portavo Hilton a casa tua e sempre ne restavi colpito dalla sua dolcezza .

Nonno mi piace pensare che questo animo gentile di Zelda è arrivato perché da lontano me l’hai mandata tu, sapevi che la mia famiglia era pronta ad accogliere la sua delicata tenerezza, la sua calma e portare serenità in casa.

Non ho una foto con te e Zelda, ma nel mio cuore ho l’immagine del tuo incontro con lei.

A te nonno il mio affetto spero arrivi ovunque tu sei stato per me.

....E POI ARRIVARONO I CANI

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Riprendo il titolo di questo racconto da subito: … e poi arrivarono i cani, passando per scoiattoli, lucertole, gatti, pesci rossi, tartarughe, canarini, conigli e lepri.

Oggi vi racconto come sono arrivata ai cani.
Come avrete già capito l’obiettivo è stato sudato, ed è stato accompagnato da una serie di diversi animali, che tutt’oggi ringrazio aver fatto parte della mia vita e per avermi fatto conoscere almeno in piccola parte le loro specie di appartenenza.

Partiamo dal principio: io ero una di quelle bambine che quando vedevano animali ci si buttava a capofitto, avevo una sorta di calamita per tutto quello che aveva piume, peli, quattro zampe, ali, etc.. ovviamente quando si è piccoli non si ha la gestione della casa e si deve convivere con le regole della famiglia e dei genitori.

Desideravo tantissimo un cane fin dall’infanzia, ma le domande erano sempre le stesse:

Chi gli dà la pappa?
Lo porti a passeggio tu?
Lo sai che ha un costo, li hai i soldini per mantenerlo?
E la cacca chi la raccoglie?

Insomma le solite frasi che si dicono ai bambini quando cerchi di fargli cambiare idea, perché tu genitore non vuoi saperne di prendere un cane e di prendere un impegno.

Essendo una bambina molto molto testarda ho optato per le letterine di Babbo Natale , magari lui poteva soddisfare la mia richiesta… io non chiedevo fratellini, io chiedevo un cane!!!!

Ebbene non so se tutti gli anni Babbo Natale non capisse la mia scrittura o se era d’accordo con mamma e papà, sta di fatto che iniziarono ad arrivare animali che non erano cani.

Parliamo dei “canarini”, belli, colorati, ma avevano un problema erano in gabbia, urlavano, e anche se gli avevo dato un nome non aveva importanza, loro non rispondevano.
Insomma grazie per avermi fatto passare molte ore a pulire le gabbiette e a sentirli cantare dentro, ma non facevano per me.

Passato il periodo canarini, arrivarono gli scoiattoli.
Non ho un gran ricordo o meglio c’era la gabbia anche li, ce li portò una signora, sembravano proprio Cip e Ciop, ma erano molto molto stressati, ricordo che quando li osservavo erano sclerati ,si azzuffavano e si strappavano i peli, erano molto belli, ma non potevo toccarli ne prelevarli dalla gabbietta.
Ahimè finirono entrambi morti non so bene di cosa, ma mi ricordo ancora che erano stecchiti quella mattina che mi accorsi.

Nel frattempo crescevo anch’io e pure la mia voglia di un cane.
In parte era soddisfatta dal cane di mio nonno che si prestava a giocare con me quando le domeniche andavamo a pranzo, ma il famoso Black restava pur sempre il pastore tedesco di nonno, non mio.

Tra scoiattoli e canarini, mi dilettavo con le lucertole che catturavo a scuola o a casa quando si intrufolavano in lavanderia o in garage e mamma mi chiamava in soccorso. ero diventata così brava che gli facevo il collare e il guinzaglio anche a loro. Se ci penso ora, mi strozzerei per non aver rispettato abbastanza quelle creature, ma i miei intenti erano ovviamente dei migliori.

La situazione “animali in casa” stava precipitando con l’arrivo dei classici pesci rossi vinti alla sagra paesana.
Poveretti quante volte li ho visti maldestramente finire giù per il tubo di scarico del lavandino finché mamma puliva la loro palla di vetro.


Rapita dalle tartarughe d’acqua di una mia compagna di classe, arrivò una tartaruga di terra in casa.
Mi ero appassionata avevo il terrario e mi divertivo a vederla mangiare la lattuga, ma anche lei non era molto collaborativa nei miei giochi o nelle dimostrazioni d’affetto.
Gli volevo bene perché era docile e calma (ovviamente era una tartaruga!), ma forse per me era troppo calma.
Io volevo un cane!!!

Crescevo e pure la mia testardaggine, così in pieno sviluppo ormonale (parliamo di scuole medie) approfittai della cotta che aveva per me un mio compagno di classe che viveva in una fattoria.
Adoravo quella fattoria, lo andavo a trovare spesso perché aveva tantissimi animali. Aveva i cavalli che ammiravo, ogni volta che stavamo insieme mi portava a fare i giri con il suo cavallo.
Ora, io ho perso di vista questo mio ex compagno delle scuole medie, ma se nel tempo ha conquistato così le ragazze beh deve aver fatto strada, insomma un uomo che ti porta a cavallo in mezzo alla natura ha sempre il suo fascino secondo me, ma non divaghiamo.
Comunque il cavallo non potevo portarlo a casa, fisicamente non sapevo proprio dove avrei potuto metterlo, così consapevole pensai che potevo portarmi a casa un coniglio.

Voi penserete un coniglietto nano!
No vi sbagliate, un coniglio da fattoria…quelli che poi finiscono in tavola. Mossa ancor di più da essere una paladina della giustizia vegana, chiesi al mio compagno di classe se mi regalava un coniglio assicurandomi ,ingenuamente, che non diventasse gigantesco.
Una volta stipulato il “patto di compravendita”con uno scambio equo coniglio- compiti di arte per il mese successivo, caricai il mio coniglio ancora piccino dentro ad una scatola di scarpe con della paglia nel cestino e tornai a casa in bicicletta felicissima.

La faccia di mamma non era proprio felicissima come la mia, ma almeno si preoccupò di far avere un giusto spazio al coniglio arruolando mio nonno che arrivò in giardino con il materiale giusto per costruire un ampio recinto.

Dopo qualche giorno il mio coniglietto era a mio avviso troppo solo, così tornai alla carica dal mio compagno di classe per portare a casa un altro coniglietto, ripetei l’iter e tornai a casa con….una lepre!!!
Già, non era un coniglio, ma una lepre, a 12 anni non conosci bene la differenza.
Il problema è che ci accorgemmo subito a casa, perché la lepre nel recinto non ci stava e saltava scavava e scappava. Il giorno dopo l’arrivo, vidi mio papà, mio nonno e mio zio che cercavano la lepre che era scappata per tutto il paese.
Ovviamente mamma mi fece riportare la lepre in fattoria due giorni dopo.

Diventai grande e il mio cane non arrivava… ma era arrivato un gatto!
Iniziavo le scuole superiori e avrei potuto secondo i miei genitori prendermi cura di un gatto ,perché era meno impegnativo del cane a loro avviso.

La chiamai Penelope. Ero molto contenta questa volta avevo un animale che potevo coccolare, potevo giocarci e potevo creare più o meno un legame.
Ma un giorno tutto questo fini… Penelope non rientrò più in casa.
Abbastanza disperata, mamma recuperò con un’altra gattina che chiamai Agata.
Era una gattina molto selvatica, graffiava tutti, e di notte se ti alzavi per andare in bagno faceva gli agguati e ti saltava addosso indemoniata. Non era di certo la gattina che volevo, ma accettavo il suo carattere ribelle.
Poi arrivò “dal cielo” Christie una gattina che ho letteralmente adorato, una trovatella che con una zampetta rotta decise di venire a casa nostra. La curammo e le volemmo molto bene, era fantastica, dolcissima, mite e bella un incrocio con un gatto di razza dal pelo lungo, i suoi occhi verdi parlavano.
Agata restava sempre il demonio di casa, ma giocavano insieme.
Ebbero entrambe una vita dignitosa e da gatte felici.

Passarono gli anni e io diventai ancora più grande, ci trasferimmo e finii le scuole superiori…
Vi chiedete quando arrivò il cane?
Beh arrivò Peggy in un periodo molto triste, e mamma capì che forse l’unico vero amico che avrebbe potuto aiutarmi sarebbe stato un cane. Babbo Natale non aveva funzionato, ma avevano funzionato l’affetto dei miei genitori e la mia testardaggine.

Oggi resto quella bambina che adora gli animali di tutte le specie, che ogni giorno dice a suo marito: potremo salvare questo cane, oppure mi prendi un cavallo, oppure che ne dici di un Alpaca? Magari un Cacatua.

Nel tempo ho imparato ad amare gli animali rispettandoli e ringraziandoli ogni giorno per tutto quello che sanno offrire senza chiedere nulla in cambio.